Spiacente nessuna pubblicazione corrispondente ai criteri di ricerca
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Pinto G: Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links)@article{nokey, Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery. Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo. Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici. Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione. L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti. |
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Del Buono G: Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Prima Parte. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links: )@article{nokey, Il presente articolo vuole tracciare lo sviluppo storico dei concetti di psicosi e schizofrenia fino ai moderni sistemi di classificazione. Il lavoro comincia con Canstatt e Feuctherleben che hanno introdotto il termine di psicosi nel XIX secolo; continua con le citazioni di Kraepelin, Bleuler, Jaspers e Schneider, che hanno stabilito i principi generali della sindrome schizofrenica, fino ai moderni sistemi nosografici come il DSM e l’ICD. Nella tradizione fenomenologica, verrà accennato al contributo di Minkowski e Blankenburg. Minkowski è stato il primo a cogliere il concetto di nucleo della sindrome schizofrenica e ad elevarlo a un adeguato livello teorico. Blamnkenburg, invece, ha introdotto la “crisi del senso comune”, cioè la capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, un senso di proporzione, un gusto per ciò che è adeguato, appropriato, probabile e rilevante. Dagli anni 70 in poi, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta alla dicotomia tra i sintomi positivi e negativi, e questi ultimi che sono stati immaginati come il deficit rpiamrio della schizophrenia. La Scuola di Bonn ha elaborato l’ipotesi dei sintomi di base, che sarebbero disturbi neuriopsicologici, percepiti dal paziente e che posoono essere esplorati con il metodo fenomenologico. Poi, si parlerà di Kapur, che considera la psicosi come un disturbo della salienza aberrante, fornendo uno strumento euristico per legare la neurobiologia (cervello) alla esperienza fenomenolgica (mente). E infine, c’è l’ultimo passaggio: il DSM-III (con “la rivoluzione operativa”), il DSM-IV ed il DSM-5 che hanno perso il nucleo clinico, la Gestalt, della schizophrenia. |
Del Buono G: Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Seconda parte: i disturbi del sé. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links: )@article{nokey, Attualmente, i ricercatori di tradizione fenomenologica stanno lavorando su un interessante e promettente approccio alla diagnosi, che vede il nucleo della sindrome schizofrenica in una forma di disturbo del Sé. Due livelli del Sé esperienziale sono stati proposti: Il Sé di base ed il Sé narrativo. La sindrome nucleare della schizofrenia può essere descritta come un disturbo dell’autocoscienza, ed è descritta come un disturbo della formazione pre-riflessiva dell’esperienza più specificatamente come un deterioramento dell’autoconsapevolezza pre-riflessiva. E si ipotizza che sia specifico per lo spettro schizofrenico così come per la fase prodromica della schizofrenia. L’alterata esperienza di Sé o dell’Individualità può sottostare e costituire la genesi di molti sintomi psicotici, di livello superficiale, come deliri e allucinazioni. È stato anche elaborato uno strumento psicometrico, orientato in senso fenomenologico, per valutare queste anomalie del della esperienza del Sé: l’EASE. I primi dati ricavati empiricamente supportano l’intuizione clinica che anomalie del Sé costituiscano la manifestazione nucleare dei disturbi dello spettro schizofrenico. Infine, si vuole rimarcare che studi recenti di stampo neuroscientifico hanno dimostrato che un gruppo particolare di regioni cerebrali, come quelle situate medialmente sono associate a stimoli che sono correlate in maniera specifica al Sé e si distinguono da altre regioni che non si correlano al Sé. |
Franza F; Ferrara I; Solomita B: Gli insegnamenti “dimenticati”: riflessioni sull’incontro e scontro delle competenze in ambito psichiatrico nella gestione delle psicosi primarie. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links: )@article{nokey, La comunicazione e l’osservazione sono due straordinari strumenti che consentono l’interazione tra i due protagonisti della relazione in psichiatria (il mHCW e il paziente). La psichiatria, intendendo l’insieme dei saperi di tutte le discipline che affrontano il disagio psicologico (ad es., neuroscienze, psicologia, psicoterapia, riabilitazione etc.), rappresenta il campo di applicazione dell’incontro di questi settori e dei diversi metodi utilizzati nella relazione professionale e scientifica che caratterizza la partecipazione attiva nella situazione vissuta da entrambi i protagonisti. La storia del sapere in psichiatria ci ha lasciato insegnamenti che oggi sembrano dimenticati. Abbiamo l’opportunità di riappropriarcene per valutare e gestire adeguatamente i pazienti affetti da patologie psichiatriche gravi. L’approccio interdisciplinare diventa insostituibile quando il mHCW incontra il paziente affetto da una psicosi primaria. |
Ferrara I: Psichiatria di prossimità . In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract)@article{nokey, La riabilitazione della psichiatria non asilare plana oltre ogni confine. In essa non è l’estetica molto a cambiare, ma la sostanza. E la prossimità autentica, empatica e piena di ascolto attivo, è la preziosa e necessaria alleata per percorrere il semplice quanto complesso sentiero riabilitativo, che rischia spesse volte, di divenire psichiatria scolastica o peggio un malfatto intrattenimento scientifico moderno. Ma la prossimità non è solo un fare, una vicinanza spaziale, un esserci, ma un essere, che si arricchisce, muta, per mezzo dello studio, della ricerca, della vita esperita e vissuta consapevolmente, e in virtù dell’attenzione per il mondo, gli altri, sé stessi, certi che ognuno è fonte unica, preziosa e meravigliosa del e per il mondo. Riuscire a essere protagonisti della psichiatria di prossimità è un magico privilegio da poter conquistare, avendo memoria che la riabilitazione come il progresso non si trincera, non si schiera, non si chiude, né si socchiude, ma si apre, abbatte le barriere, i pregiudizi, è democratico e libero, accoglie e non esclude. Povero chi si arrocca alle proprie conoscenze e convinzioni, impedendosi di godere delle opportunità, ricchezze e conoscenze altrui, del passato, dell’oggi e del futuro. |
Pinto G: Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links: )@article{nokey, Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery. Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo. Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici. Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione. L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti. |
Aldi G: Il mondo senza sole. Riflessioni su psicosi e ritiro sociale. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links: )@article{nokey, L’articolo muove dalla definizione di psicosi per analizzare alcune manifestazioni di disagio giovanile. In una visione meno dogmatica e meno centrata sulla nosografia del DSM 5 occorre, a parere dello scrivente, estendere il concetto di psicosi ad alcune modalità con cui si manifestano fenomeni come ritiro sociale e violenza filio-parentale. Dietro questi fenomeni sociali si nasconde spesso una gravità di tipo psicotico con caratteristiche peculiari e tipiche, legate al modo di crescere delle nuove generazioni, modo che non prepara i giovani a fronteggiare la complessità del mondo attuale. Proprio dalla frattura tra complessità del mondo moderno e fragilità delle nuove generazioni emergono i presupposti per un crollo psicologico che porta a ritirarsi dal mondo o a aggredirei propri genitori. L’autore prende in prestito alcuni concetti dei Ernesto De Martino per evidenziare il ruolo dei fattori storico-culturali nella genesi dei fenomeni psicopatologici. |
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2021
G, Del Buono: Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Prima Parte. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links | BibTeX) @article{nokey,
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abstract = {Il presente articolo vuole tracciare lo sviluppo storico dei concetti di psicosi e schizofrenia fino ai moderni sistemi di classificazione. Il lavoro comincia con Canstatt e Feuctherleben che hanno introdotto il termine di psicosi nel XIX secolo; continua con le citazioni di Kraepelin, Bleuler, Jaspers e Schneider, che hanno stabilito i principi generali della sindrome schizofrenica, fino ai moderni sistemi nosografici come il DSM e l’ICD.
Nella tradizione fenomenologica, verrà accennato al contributo di Minkowski e Blankenburg. Minkowski è stato il primo a cogliere il concetto di nucleo della sindrome schizofrenica e ad elevarlo a un adeguato livello teorico. Blamnkenburg, invece, ha introdotto la “crisi del senso comune”, cioè la capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, un senso di proporzione, un gusto per ciò che è adeguato, appropriato, probabile e rilevante. Dagli anni 70 in poi, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta alla dicotomia tra i sintomi positivi e negativi, e questi ultimi che sono stati immaginati come il deficit rpiamrio della schizophrenia. La Scuola di Bonn ha elaborato l’ipotesi dei sintomi di base, che sarebbero disturbi neuriopsicologici, percepiti dal paziente e che posoono essere esplorati con il metodo fenomenologico. Poi, si parlerà di Kapur, che considera la psicosi come un disturbo della salienza aberrante, fornendo uno strumento euristico per legare la neurobiologia (cervello) alla esperienza fenomenolgica (mente). E infine, c’è l’ultimo passaggio: il DSM-III (con “la rivoluzione operativa”), il DSM-IV ed il DSM-5 che hanno perso il nucleo clinico, la Gestalt, della schizophrenia. },
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Il presente articolo vuole tracciare lo sviluppo storico dei concetti di psicosi e schizofrenia fino ai moderni sistemi di classificazione. Il lavoro comincia con Canstatt e Feuctherleben che hanno introdotto il termine di psicosi nel XIX secolo; continua con le citazioni di Kraepelin, Bleuler, Jaspers e Schneider, che hanno stabilito i principi generali della sindrome schizofrenica, fino ai moderni sistemi nosografici come il DSM e l’ICD.
Nella tradizione fenomenologica, verrà accennato al contributo di Minkowski e Blankenburg. Minkowski è stato il primo a cogliere il concetto di nucleo della sindrome schizofrenica e ad elevarlo a un adeguato livello teorico. Blamnkenburg, invece, ha introdotto la “crisi del senso comune”, cioè la capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, un senso di proporzione, un gusto per ciò che è adeguato, appropriato, probabile e rilevante. Dagli anni 70 in poi, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta alla dicotomia tra i sintomi positivi e negativi, e questi ultimi che sono stati immaginati come il deficit rpiamrio della schizophrenia. La Scuola di Bonn ha elaborato l’ipotesi dei sintomi di base, che sarebbero disturbi neuriopsicologici, percepiti dal paziente e che posoono essere esplorati con il metodo fenomenologico. Poi, si parlerà di Kapur, che considera la psicosi come un disturbo della salienza aberrante, fornendo uno strumento euristico per legare la neurobiologia (cervello) alla esperienza fenomenolgica (mente). E infine, c’è l’ultimo passaggio: il DSM-III (con “la rivoluzione operativa”), il DSM-IV ed il DSM-5 che hanno perso il nucleo clinico, la Gestalt, della schizophrenia.G, Del Buono: Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Seconda parte: i disturbi del sé. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links | BibTeX) @article{nokey,
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abstract = {Attualmente, i ricercatori di tradizione fenomenologica stanno lavorando su un interessante e promettente approccio alla diagnosi, che vede il nucleo della sindrome schizofrenica in una forma di disturbo del Sé. Due livelli del Sé esperienziale sono stati proposti: Il Sé di base ed il Sé narrativo.
La sindrome nucleare della schizofrenia può essere descritta come un disturbo dell’autocoscienza, ed è descritta come un disturbo della formazione pre-riflessiva dell’esperienza più specificatamente come un deterioramento dell’autoconsapevolezza pre-riflessiva. E si ipotizza che sia specifico per lo spettro schizofrenico così come per la fase prodromica della schizofrenia. L’alterata esperienza di Sé o dell’Individualità può sottostare e costituire la genesi di molti sintomi psicotici, di livello superficiale, come deliri e allucinazioni.
È stato anche elaborato uno strumento psicometrico, orientato in senso fenomenologico, per valutare queste anomalie del della esperienza del Sé: l’EASE. I primi dati ricavati empiricamente supportano l’intuizione clinica che anomalie del Sé costituiscano la manifestazione nucleare dei disturbi dello spettro schizofrenico.
Infine, si vuole rimarcare che studi recenti di stampo neuroscientifico hanno dimostrato che un gruppo particolare di regioni cerebrali, come quelle situate medialmente sono associate a stimoli che sono correlate in maniera specifica al Sé e si distinguono da altre regioni che non si correlano al Sé. },
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Attualmente, i ricercatori di tradizione fenomenologica stanno lavorando su un interessante e promettente approccio alla diagnosi, che vede il nucleo della sindrome schizofrenica in una forma di disturbo del Sé. Due livelli del Sé esperienziale sono stati proposti: Il Sé di base ed il Sé narrativo.
La sindrome nucleare della schizofrenia può essere descritta come un disturbo dell’autocoscienza, ed è descritta come un disturbo della formazione pre-riflessiva dell’esperienza più specificatamente come un deterioramento dell’autoconsapevolezza pre-riflessiva. E si ipotizza che sia specifico per lo spettro schizofrenico così come per la fase prodromica della schizofrenia. L’alterata esperienza di Sé o dell’Individualità può sottostare e costituire la genesi di molti sintomi psicotici, di livello superficiale, come deliri e allucinazioni.
È stato anche elaborato uno strumento psicometrico, orientato in senso fenomenologico, per valutare queste anomalie del della esperienza del Sé: l’EASE. I primi dati ricavati empiricamente supportano l’intuizione clinica che anomalie del Sé costituiscano la manifestazione nucleare dei disturbi dello spettro schizofrenico.
Infine, si vuole rimarcare che studi recenti di stampo neuroscientifico hanno dimostrato che un gruppo particolare di regioni cerebrali, come quelle situate medialmente sono associate a stimoli che sono correlate in maniera specifica al Sé e si distinguono da altre regioni che non si correlano al Sé.F, Franza; I, Ferrara; B, Solomita: Gli insegnamenti “dimenticati”: riflessioni sull’incontro e scontro delle competenze in ambito psichiatrico nella gestione delle psicosi primarie. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links | BibTeX) @article{nokey,
title = {Gli insegnamenti “dimenticati”: riflessioni sull’incontro e scontro delle competenze in ambito psichiatrico nella gestione delle psicosi primarie},
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abstract = {La comunicazione e l’osservazione sono due straordinari strumenti che consentono l’interazione tra i due protagonisti della relazione in psichiatria (il mHCW e il paziente). La psichiatria, intendendo l’insieme dei saperi di tutte le discipline che affrontano il disagio psicologico (ad es., neuroscienze, psicologia, psicoterapia, riabilitazione etc.), rappresenta il campo di applicazione dell’incontro di questi settori e dei diversi metodi utilizzati nella relazione professionale e scientifica che caratterizza la partecipazione attiva nella situazione vissuta da entrambi i protagonisti. La storia del sapere in psichiatria ci ha lasciato insegnamenti che oggi sembrano dimenticati. Abbiamo l’opportunità di riappropriarcene per valutare e gestire adeguatamente i pazienti affetti da patologie psichiatriche gravi. L’approccio interdisciplinare diventa insostituibile quando il mHCW incontra il paziente affetto da una psicosi primaria.},
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La comunicazione e l’osservazione sono due straordinari strumenti che consentono l’interazione tra i due protagonisti della relazione in psichiatria (il mHCW e il paziente). La psichiatria, intendendo l’insieme dei saperi di tutte le discipline che affrontano il disagio psicologico (ad es., neuroscienze, psicologia, psicoterapia, riabilitazione etc.), rappresenta il campo di applicazione dell’incontro di questi settori e dei diversi metodi utilizzati nella relazione professionale e scientifica che caratterizza la partecipazione attiva nella situazione vissuta da entrambi i protagonisti. La storia del sapere in psichiatria ci ha lasciato insegnamenti che oggi sembrano dimenticati. Abbiamo l’opportunità di riappropriarcene per valutare e gestire adeguatamente i pazienti affetti da patologie psichiatriche gravi. L’approccio interdisciplinare diventa insostituibile quando il mHCW incontra il paziente affetto da una psicosi primaria.I, Ferrara: Psichiatria di prossimità . In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | BibTeX) @article{nokey,
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abstract = {La riabilitazione della psichiatria non asilare plana oltre ogni confine. In essa non è l’estetica molto a cambiare, ma la sostanza. E la prossimità autentica, empatica e piena di ascolto attivo, è la preziosa e necessaria alleata per percorrere il semplice quanto complesso sentiero riabilitativo, che rischia spesse volte, di divenire psichiatria scolastica o peggio un malfatto intrattenimento scientifico moderno. Ma la prossimità non è solo un fare, una vicinanza spaziale, un esserci, ma un essere, che si arricchisce, muta, per mezzo dello studio, della ricerca, della vita esperita e vissuta consapevolmente, e in virtù dell’attenzione per il mondo, gli altri, sé stessi, certi che ognuno è fonte unica, preziosa e meravigliosa del e per il mondo. Riuscire a essere protagonisti della psichiatria di prossimità è un magico privilegio da poter conquistare, avendo memoria che la riabilitazione come il progresso non si trincera, non si schiera, non si chiude, né si socchiude, ma si apre, abbatte le barriere, i pregiudizi, è democratico e libero, accoglie e non esclude. Povero chi si arrocca alle proprie conoscenze e convinzioni, impedendosi di godere delle opportunità, ricchezze e conoscenze altrui, del passato, dell’oggi e del futuro.},
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La riabilitazione della psichiatria non asilare plana oltre ogni confine. In essa non è l’estetica molto a cambiare, ma la sostanza. E la prossimità autentica, empatica e piena di ascolto attivo, è la preziosa e necessaria alleata per percorrere il semplice quanto complesso sentiero riabilitativo, che rischia spesse volte, di divenire psichiatria scolastica o peggio un malfatto intrattenimento scientifico moderno. Ma la prossimità non è solo un fare, una vicinanza spaziale, un esserci, ma un essere, che si arricchisce, muta, per mezzo dello studio, della ricerca, della vita esperita e vissuta consapevolmente, e in virtù dell’attenzione per il mondo, gli altri, sé stessi, certi che ognuno è fonte unica, preziosa e meravigliosa del e per il mondo. Riuscire a essere protagonisti della psichiatria di prossimità è un magico privilegio da poter conquistare, avendo memoria che la riabilitazione come il progresso non si trincera, non si schiera, non si chiude, né si socchiude, ma si apre, abbatte le barriere, i pregiudizi, è democratico e libero, accoglie e non esclude. Povero chi si arrocca alle proprie conoscenze e convinzioni, impedendosi di godere delle opportunità, ricchezze e conoscenze altrui, del passato, dell’oggi e del futuro.G, Pinto: Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links | BibTeX) @article{nokey,
title = {Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi},
author = {Pinto G},
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abstract = {Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery.
Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo.
Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici.
Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione.
L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti.},
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Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery.
Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo.
Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici.
Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione.
L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti.G, Aldi: Il mondo senza sole. Riflessioni su psicosi e ritiro sociale. In: Telos, no. 2, 2021. (Tipo: Journal Article | Abstract | Links | BibTeX) @article{nokey,
title = {Il mondo senza sole. Riflessioni su psicosi e ritiro sociale},
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abstract = {L’articolo muove dalla definizione di psicosi per analizzare alcune manifestazioni di disagio giovanile. In una visione meno dogmatica e meno centrata sulla nosografia del DSM 5 occorre, a parere dello scrivente, estendere il concetto di psicosi ad alcune modalità con cui si manifestano fenomeni come ritiro sociale e violenza filio-parentale. Dietro questi fenomeni sociali si nasconde spesso una gravità di tipo psicotico con caratteristiche peculiari e tipiche, legate al modo di crescere delle nuove generazioni, modo che non prepara i giovani a fronteggiare la complessità del mondo attuale. Proprio dalla frattura tra complessità del mondo moderno e fragilità delle nuove generazioni emergono i presupposti per un crollo psicologico che porta a ritirarsi dal mondo o a aggredirei propri genitori. L’autore prende in prestito alcuni concetti dei Ernesto De Martino per evidenziare il ruolo dei fattori storico-culturali nella genesi dei fenomeni psicopatologici.},
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L’articolo muove dalla definizione di psicosi per analizzare alcune manifestazioni di disagio giovanile. In una visione meno dogmatica e meno centrata sulla nosografia del DSM 5 occorre, a parere dello scrivente, estendere il concetto di psicosi ad alcune modalità con cui si manifestano fenomeni come ritiro sociale e violenza filio-parentale. Dietro questi fenomeni sociali si nasconde spesso una gravità di tipo psicotico con caratteristiche peculiari e tipiche, legate al modo di crescere delle nuove generazioni, modo che non prepara i giovani a fronteggiare la complessità del mondo attuale. Proprio dalla frattura tra complessità del mondo moderno e fragilità delle nuove generazioni emergono i presupposti per un crollo psicologico che porta a ritirarsi dal mondo o a aggredirei propri genitori. L’autore prende in prestito alcuni concetti dei Ernesto De Martino per evidenziare il ruolo dei fattori storico-culturali nella genesi dei fenomeni psicopatologici.2021
G, Del Buono
Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Prima Parte Journal Article
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | Links | BibTeX | Tag: Gestalt, Nucleo clinico, Psicosi, Schizofrenia
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number = {2},
abstract = {Il presente articolo vuole tracciare lo sviluppo storico dei concetti di psicosi e schizofrenia fino ai moderni sistemi di classificazione. Il lavoro comincia con Canstatt e Feuctherleben che hanno introdotto il termine di psicosi nel XIX secolo; continua con le citazioni di Kraepelin, Bleuler, Jaspers e Schneider, che hanno stabilito i principi generali della sindrome schizofrenica, fino ai moderni sistemi nosografici come il DSM e l’ICD.
Nella tradizione fenomenologica, verrà accennato al contributo di Minkowski e Blankenburg. Minkowski è stato il primo a cogliere il concetto di nucleo della sindrome schizofrenica e ad elevarlo a un adeguato livello teorico. Blamnkenburg, invece, ha introdotto la “crisi del senso comune”, cioè la capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, un senso di proporzione, un gusto per ciò che è adeguato, appropriato, probabile e rilevante. Dagli anni 70 in poi, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta alla dicotomia tra i sintomi positivi e negativi, e questi ultimi che sono stati immaginati come il deficit rpiamrio della schizophrenia. La Scuola di Bonn ha elaborato l’ipotesi dei sintomi di base, che sarebbero disturbi neuriopsicologici, percepiti dal paziente e che posoono essere esplorati con il metodo fenomenologico. Poi, si parlerà di Kapur, che considera la psicosi come un disturbo della salienza aberrante, fornendo uno strumento euristico per legare la neurobiologia (cervello) alla esperienza fenomenolgica (mente). E infine, c’è l’ultimo passaggio: il DSM-III (con “la rivoluzione operativa”), il DSM-IV ed il DSM-5 che hanno perso il nucleo clinico, la Gestalt, della schizophrenia. },
keywords = {Gestalt, Nucleo clinico, Psicosi, Schizofrenia},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
Il presente articolo vuole tracciare lo sviluppo storico dei concetti di psicosi e schizofrenia fino ai moderni sistemi di classificazione. Il lavoro comincia con Canstatt e Feuctherleben che hanno introdotto il termine di psicosi nel XIX secolo; continua con le citazioni di Kraepelin, Bleuler, Jaspers e Schneider, che hanno stabilito i principi generali della sindrome schizofrenica, fino ai moderni sistemi nosografici come il DSM e l’ICD.
Nella tradizione fenomenologica, verrà accennato al contributo di Minkowski e Blankenburg. Minkowski è stato il primo a cogliere il concetto di nucleo della sindrome schizofrenica e ad elevarlo a un adeguato livello teorico. Blamnkenburg, invece, ha introdotto la “crisi del senso comune”, cioè la capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, un senso di proporzione, un gusto per ciò che è adeguato, appropriato, probabile e rilevante. Dagli anni 70 in poi, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta alla dicotomia tra i sintomi positivi e negativi, e questi ultimi che sono stati immaginati come il deficit rpiamrio della schizophrenia. La Scuola di Bonn ha elaborato l’ipotesi dei sintomi di base, che sarebbero disturbi neuriopsicologici, percepiti dal paziente e che posoono essere esplorati con il metodo fenomenologico. Poi, si parlerà di Kapur, che considera la psicosi come un disturbo della salienza aberrante, fornendo uno strumento euristico per legare la neurobiologia (cervello) alla esperienza fenomenolgica (mente). E infine, c’è l’ultimo passaggio: il DSM-III (con “la rivoluzione operativa”), il DSM-IV ed il DSM-5 che hanno perso il nucleo clinico, la Gestalt, della schizophrenia.G, Del Buono
Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Seconda parte: i disturbi del sé Journal Article
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | Links | BibTeX | Tag: Disturbi del Sé, EASE, Psicosi, Schizofrenia
@article{nokey,
title = {Alla ricerca del nucleo clinico delle psicosi. Seconda parte: i disturbi del sé},
author = {Del Buono G},
url = {http://www.rivistatelos.it/articoli-come-se-il-sole-sparisse-universi-psicotici-e-trasformazione-del-mondo/},
year = {2021},
date = {2021-12-01},
urldate = {2021-12-01},
journal = {Telos},
number = {2},
abstract = {Attualmente, i ricercatori di tradizione fenomenologica stanno lavorando su un interessante e promettente approccio alla diagnosi, che vede il nucleo della sindrome schizofrenica in una forma di disturbo del Sé. Due livelli del Sé esperienziale sono stati proposti: Il Sé di base ed il Sé narrativo.
La sindrome nucleare della schizofrenia può essere descritta come un disturbo dell’autocoscienza, ed è descritta come un disturbo della formazione pre-riflessiva dell’esperienza più specificatamente come un deterioramento dell’autoconsapevolezza pre-riflessiva. E si ipotizza che sia specifico per lo spettro schizofrenico così come per la fase prodromica della schizofrenia. L’alterata esperienza di Sé o dell’Individualità può sottostare e costituire la genesi di molti sintomi psicotici, di livello superficiale, come deliri e allucinazioni.
È stato anche elaborato uno strumento psicometrico, orientato in senso fenomenologico, per valutare queste anomalie del della esperienza del Sé: l’EASE. I primi dati ricavati empiricamente supportano l’intuizione clinica che anomalie del Sé costituiscano la manifestazione nucleare dei disturbi dello spettro schizofrenico.
Infine, si vuole rimarcare che studi recenti di stampo neuroscientifico hanno dimostrato che un gruppo particolare di regioni cerebrali, come quelle situate medialmente sono associate a stimoli che sono correlate in maniera specifica al Sé e si distinguono da altre regioni che non si correlano al Sé. },
keywords = {Disturbi del Sé, EASE, Psicosi, Schizofrenia},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
Attualmente, i ricercatori di tradizione fenomenologica stanno lavorando su un interessante e promettente approccio alla diagnosi, che vede il nucleo della sindrome schizofrenica in una forma di disturbo del Sé. Due livelli del Sé esperienziale sono stati proposti: Il Sé di base ed il Sé narrativo.
La sindrome nucleare della schizofrenia può essere descritta come un disturbo dell’autocoscienza, ed è descritta come un disturbo della formazione pre-riflessiva dell’esperienza più specificatamente come un deterioramento dell’autoconsapevolezza pre-riflessiva. E si ipotizza che sia specifico per lo spettro schizofrenico così come per la fase prodromica della schizofrenia. L’alterata esperienza di Sé o dell’Individualità può sottostare e costituire la genesi di molti sintomi psicotici, di livello superficiale, come deliri e allucinazioni.
È stato anche elaborato uno strumento psicometrico, orientato in senso fenomenologico, per valutare queste anomalie del della esperienza del Sé: l’EASE. I primi dati ricavati empiricamente supportano l’intuizione clinica che anomalie del Sé costituiscano la manifestazione nucleare dei disturbi dello spettro schizofrenico.
Infine, si vuole rimarcare che studi recenti di stampo neuroscientifico hanno dimostrato che un gruppo particolare di regioni cerebrali, come quelle situate medialmente sono associate a stimoli che sono correlate in maniera specifica al Sé e si distinguono da altre regioni che non si correlano al Sé.F, Franza; I, Ferrara; B, Solomita
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | Links | BibTeX | Tag: Assessment, HCWs, Management, Prossimità, Psicosi, Psicosi primaria, Relazione
@article{nokey,
title = {Gli insegnamenti “dimenticati”: riflessioni sull’incontro e scontro delle competenze in ambito psichiatrico nella gestione delle psicosi primarie},
author = {Franza F and Ferrara I and Solomita B},
url = {http://www.rivistatelos.it/articoli-come-se-il-sole-sparisse-universi-psicotici-e-trasformazione-del-mondo/},
year = {2021},
date = {2021-12-01},
urldate = {2021-12-01},
journal = {Telos},
number = {2},
abstract = {La comunicazione e l’osservazione sono due straordinari strumenti che consentono l’interazione tra i due protagonisti della relazione in psichiatria (il mHCW e il paziente). La psichiatria, intendendo l’insieme dei saperi di tutte le discipline che affrontano il disagio psicologico (ad es., neuroscienze, psicologia, psicoterapia, riabilitazione etc.), rappresenta il campo di applicazione dell’incontro di questi settori e dei diversi metodi utilizzati nella relazione professionale e scientifica che caratterizza la partecipazione attiva nella situazione vissuta da entrambi i protagonisti. La storia del sapere in psichiatria ci ha lasciato insegnamenti che oggi sembrano dimenticati. Abbiamo l’opportunità di riappropriarcene per valutare e gestire adeguatamente i pazienti affetti da patologie psichiatriche gravi. L’approccio interdisciplinare diventa insostituibile quando il mHCW incontra il paziente affetto da una psicosi primaria.},
keywords = {Assessment, HCWs, Management, Prossimità, Psicosi, Psicosi primaria, Relazione},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
La comunicazione e l’osservazione sono due straordinari strumenti che consentono l’interazione tra i due protagonisti della relazione in psichiatria (il mHCW e il paziente). La psichiatria, intendendo l’insieme dei saperi di tutte le discipline che affrontano il disagio psicologico (ad es., neuroscienze, psicologia, psicoterapia, riabilitazione etc.), rappresenta il campo di applicazione dell’incontro di questi settori e dei diversi metodi utilizzati nella relazione professionale e scientifica che caratterizza la partecipazione attiva nella situazione vissuta da entrambi i protagonisti. La storia del sapere in psichiatria ci ha lasciato insegnamenti che oggi sembrano dimenticati. Abbiamo l’opportunità di riappropriarcene per valutare e gestire adeguatamente i pazienti affetti da patologie psichiatriche gravi. L’approccio interdisciplinare diventa insostituibile quando il mHCW incontra il paziente affetto da una psicosi primaria.I, Ferrara
Psichiatria di prossimità Journal Article
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | BibTeX | Tag: Assessment, HCWs, Management, Prossimità, Psicosi, Psicosi primaria, Relazione
@article{nokey,
title = {Psichiatria di prossimità },
author = {Ferrara I},
year = {2021},
date = {2021-12-01},
urldate = {2021-12-01},
journal = {Telos},
number = {2},
abstract = {La riabilitazione della psichiatria non asilare plana oltre ogni confine. In essa non è l’estetica molto a cambiare, ma la sostanza. E la prossimità autentica, empatica e piena di ascolto attivo, è la preziosa e necessaria alleata per percorrere il semplice quanto complesso sentiero riabilitativo, che rischia spesse volte, di divenire psichiatria scolastica o peggio un malfatto intrattenimento scientifico moderno. Ma la prossimità non è solo un fare, una vicinanza spaziale, un esserci, ma un essere, che si arricchisce, muta, per mezzo dello studio, della ricerca, della vita esperita e vissuta consapevolmente, e in virtù dell’attenzione per il mondo, gli altri, sé stessi, certi che ognuno è fonte unica, preziosa e meravigliosa del e per il mondo. Riuscire a essere protagonisti della psichiatria di prossimità è un magico privilegio da poter conquistare, avendo memoria che la riabilitazione come il progresso non si trincera, non si schiera, non si chiude, né si socchiude, ma si apre, abbatte le barriere, i pregiudizi, è democratico e libero, accoglie e non esclude. Povero chi si arrocca alle proprie conoscenze e convinzioni, impedendosi di godere delle opportunità, ricchezze e conoscenze altrui, del passato, dell’oggi e del futuro.},
keywords = {Assessment, HCWs, Management, Prossimità, Psicosi, Psicosi primaria, Relazione},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
La riabilitazione della psichiatria non asilare plana oltre ogni confine. In essa non è l’estetica molto a cambiare, ma la sostanza. E la prossimità autentica, empatica e piena di ascolto attivo, è la preziosa e necessaria alleata per percorrere il semplice quanto complesso sentiero riabilitativo, che rischia spesse volte, di divenire psichiatria scolastica o peggio un malfatto intrattenimento scientifico moderno. Ma la prossimità non è solo un fare, una vicinanza spaziale, un esserci, ma un essere, che si arricchisce, muta, per mezzo dello studio, della ricerca, della vita esperita e vissuta consapevolmente, e in virtù dell’attenzione per il mondo, gli altri, sé stessi, certi che ognuno è fonte unica, preziosa e meravigliosa del e per il mondo. Riuscire a essere protagonisti della psichiatria di prossimità è un magico privilegio da poter conquistare, avendo memoria che la riabilitazione come il progresso non si trincera, non si schiera, non si chiude, né si socchiude, ma si apre, abbatte le barriere, i pregiudizi, è democratico e libero, accoglie e non esclude. Povero chi si arrocca alle proprie conoscenze e convinzioni, impedendosi di godere delle opportunità, ricchezze e conoscenze altrui, del passato, dell’oggi e del futuro.G, Pinto
Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi Journal Article
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | Links | BibTeX | Tag: Psicosi
@article{nokey,
title = {Promuovere la recovery dopo il primo episodio di psicosi},
author = {Pinto G},
url = {http://www.rivistatelos.it/articoli-come-se-il-sole-sparisse-universi-psicotici-e-trasformazione-del-mondo/},
year = {2021},
date = {2021-12-01},
urldate = {2021-12-01},
journal = {Telos},
number = {2},
abstract = {Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery.
Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo.
Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici.
Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione.
L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti.},
keywords = {Psicosi},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
Il buon esito del trattamento della psicosi all’esordio è da una parte legato alla tempestività dell’intervento, con conseguente riduzione della durata di psicosi non trattata (Duration of Untreated Psychosis, DUP), dall’altra alla qualità degli interventi terapeutici e psicosociali messi in atto. Nei primi 2-5 anni si può determinare l’evoluzione verso la cronicizzazione o verso la recovery.
Più del 70% dei casi di psicosi franca sono preceduti da una fase in cui compaiono segnali di disagio e di difficoltà in un periodo di durata variabile in media tra 2 e 4 anni. Gli interventi multidimensionali sono volti sia a prevenire la comparsa della franca psicosi che a mitigare l’effetto long- time dei sintomi negativi, cognitivi e più in generale a salvaguardare il funzionamento dell’individuo.
Le recenti ricerche indicano la interazione dei fattori biologico-clinico con fattori di natura psico sociale quali la cognizione sociale, o la resilienza, nonché l’importanza di servizi facilmente raggiungibili e di supporti economici quali fattori influenzanti il funzionamento sociale dei pazienti psicotici.
Avendo le ricerche evidenziato che nessun fattore è prevalente e soprattutto che ogni fattore non agisce direttamente ma diviene significativo in virtù della interazione con gli altri, c’è ampio consenso oggi circa la necessità di un intervento multidimensionale specifico ed immediato, la cui assenza influisce sulle ricadute e la cronicizzazione.
L’articolo vuole illustrare la possibilità di integrare interventi riabilitativi specifici con altri aspecifici proseguendo la ricerca sui fattori comuni come base della integrazione di una equipe multiprofessionale e della necessaria personalizzazione degli interventi. La Asl Salerno ha istituito una siffatta equipe dal 2016 e stiamo, in vero, per produrre una prima significativa valutazione degli esiti a distanza di tempo dalla riconquistata salute dei nostri utenti.G, Aldi
Il mondo senza sole. Riflessioni su psicosi e ritiro sociale Journal Article
In: Telos, no. 2, 2021.
Abstract | Links | BibTeX | Tag: Crisi della presenza, Psicosi, Ritiro sociale, Violenza filio-parentale
@article{nokey,
title = {Il mondo senza sole. Riflessioni su psicosi e ritiro sociale},
author = {Aldi G},
url = {http://www.rivistatelos.it/articoli-come-se-il-sole-sparisse-universi-psicotici-e-trasformazione-del-mondo/},
year = {2021},
date = {2021-12-01},
urldate = {2021-12-01},
journal = {Telos},
number = {2},
abstract = {L’articolo muove dalla definizione di psicosi per analizzare alcune manifestazioni di disagio giovanile. In una visione meno dogmatica e meno centrata sulla nosografia del DSM 5 occorre, a parere dello scrivente, estendere il concetto di psicosi ad alcune modalità con cui si manifestano fenomeni come ritiro sociale e violenza filio-parentale. Dietro questi fenomeni sociali si nasconde spesso una gravità di tipo psicotico con caratteristiche peculiari e tipiche, legate al modo di crescere delle nuove generazioni, modo che non prepara i giovani a fronteggiare la complessità del mondo attuale. Proprio dalla frattura tra complessità del mondo moderno e fragilità delle nuove generazioni emergono i presupposti per un crollo psicologico che porta a ritirarsi dal mondo o a aggredirei propri genitori. L’autore prende in prestito alcuni concetti dei Ernesto De Martino per evidenziare il ruolo dei fattori storico-culturali nella genesi dei fenomeni psicopatologici.},
keywords = {Crisi della presenza, Psicosi, Ritiro sociale, Violenza filio-parentale},
pubstate = {published},
tppubtype = {article}
}
L’articolo muove dalla definizione di psicosi per analizzare alcune manifestazioni di disagio giovanile. In una visione meno dogmatica e meno centrata sulla nosografia del DSM 5 occorre, a parere dello scrivente, estendere il concetto di psicosi ad alcune modalità con cui si manifestano fenomeni come ritiro sociale e violenza filio-parentale. Dietro questi fenomeni sociali si nasconde spesso una gravità di tipo psicotico con caratteristiche peculiari e tipiche, legate al modo di crescere delle nuove generazioni, modo che non prepara i giovani a fronteggiare la complessità del mondo attuale. Proprio dalla frattura tra complessità del mondo moderno e fragilità delle nuove generazioni emergono i presupposti per un crollo psicologico che porta a ritirarsi dal mondo o a aggredirei propri genitori. L’autore prende in prestito alcuni concetti dei Ernesto De Martino per evidenziare il ruolo dei fattori storico-culturali nella genesi dei fenomeni psicopatologici.